Natalie Merchant
"But don't cry, you know the tears will do no good, so dry your eyes. They told you life is hard, misery from the start, it's dull, it's slow, it's painful, but I tell you life is sweet in spite of the misery..." ("Non piangere, sai che le lacrime non fanno bene, asciugati gli occhi... Ti hanno detto che la vita è difficile, in povertà fin dall'inizio, che è grigia, lenta, spaventosa, ma io ti dico che invece è dolce, nonostante tutte le miserie..."). Questo ci racconta Natalie nella sua struggente "Life Is Sweet" e questi sono stati i primi versi che ho ascoltato dalla sua grande voce, accompagnata da una coinvolgente sezione d'archi, che mi hanno letteralmente catturato e fatto esclamare "Chi è che canta?"...
Ma, appunto, chi è Natalie Merchant? Se non la conoscete, forse vi ricorderete i "10.000 Maniacs", uno dei gruppi musicali più gradevoli e raffinati degli anni Ottanta; beh...lei era la voce di quel gruppo. Ma vediamo di conoscerla meglio.
Natalie è nata il 26 ottobre 1963 a Jamestown, NewYork. Suo padre, Antony Merchant, era un musicista jazz, mentre sua madre Anne era una segretaria. Natalie ha tre fratelli, ma nessuno di loro si è dimostrato portato per la musica e l’arte quanto lei: era brava a scuola, ma dimostrava anche un interesse per le belle arti, tale che i suoi genitori decisero di comprare un pianoforte, che Natalie ben presto iniziò a suonare ad orecchio, con ottimi risultati, anche se questo non impedì ai suoi di farle prendere in ogni caso delle lezioni vere e proprie di musica!
Ormai adolescente, pur continuando con successo gli studi, Natalie iniziò a lavorare in una stazione radiofonica e a frequentare ambienti musicali. Una sera, durante un loro concerto alcuni suoi amici, che da poco avevano messo in piedi una vera e propria band, sapendo della sua passione per la musica e delle sue doti vocali, le chiesero di esibirsi con loro. La giovane Natalie non sapeva che cosa avrebbe cantato, dal momento che non aveva canzoni sue da esibire e men che meno le avevano i suoi amici! Ma decise ugualmente di buttarsi: guardò nella sua borsa e vide un testo scolastico che si era portata dietro per studiare nei momenti di libertà; lo sfogliò e, pensando che, in definitiva, le parole sono sempre parole, salì sul palco e, per un’intera serata improvvisò canzoni sulla base di quanto era scritto in quel libro.
Certo, sembra una storia incredibile, ma i miti non nascono forse in questo modo, facendo cose che a noi, comuni mortali, sembrano impossibili?!
Era una sera del 1980 e Natalie aveva solo diciassette anni: un anno dopo il gruppo invece di sciogliersi si consolidò ulteriormente e nacquero i 10.000 maniacs.
Soltanto negli anni ’90, precisamente nel 1995, Natalie, lasciato il gruppo che le aveva dato tanto, intraprese la carriera da solista con "Tigerlily", l’album che l'ha portata nell’olimpo del folk-rock femminile, costruendo canzoni dai testi complessi,fatti risaltare da una voce sempre più suggestiva.
Da quel momento la sua escalation è stata continua: a partire da "Ophelia" (1998), un album cupo e pensioroso, ma ad ogni modo di grande successo, che prende in esame il mondo femminile, considerandolo in tutta il suo contrastante binomio di vulnerabilità e forza.
Sembra incredibile che quest’anno Natalie compirà quarant’anni: da un parte la vedo ragazzina che gioca ad improvvisare canzoni con i suoi amici, dall’altra donna sensuale ed affascinante (se penso ad esempio alla bellissima canzone “One fine day”, tema dell’omonimo film)…
Dice Natalie: “La scrittura è essenziale per me. Leggere libri è una fonte inesauribile di idee. I due miei scrittori di riferimento sono Tolstoji e Dostoevskji. Adoro il loro modo di raccontare storie, di mostrare i rapporti tra madri e figli, di delineare personaggi. Li ho studiati per portare un po' del loro talento nelle mie canzoni”.
E sempre la vita di tutti i giorni ad ispirare anche l'ultimo lavoro "Motherland" (2001): "Predisporre la sequenza di brani di quest'album fu una grande sfida e mi auguro di essere riuscita e mettere insieme un prodotto ben bilanciato. Non avevo mai scritto canzoni così politicamente impegnate o così intimamente personali."
E ancora: "In realtà scrissi "This house is on fire" durante le proteste anti-globalizzazione a Seattle e lo scandalo dei voti durante il ballottaggio elettorale in Florida. Vidi gente scendere in strada per trovare una voce collettiva e farsi sentire. Decisi di chiedere a Stephen Barber di scrivere gli arrangiamenti degli archi in quel modo perché sono una fan della musica popolare Nord Africana, specialmente Om Kalsoum, la famosa cantante egiziana.
E' davvero strano come nuovi eventi sembrano cospirare per dare a questa canzone nuovi significati che non avrei mai immaginato."
Infatti l'album è stato completato solamente due giorni prima l'attacco alle Torri Gemelle di New York.
A tale proposito, Natalie commenta:
"La canzone che dà il titolo all'album, Motherland, ha un significato ancora più profondo dopo gli eventi dell'11 Settembre e quanto ne è seguito. Ero molto più cinica quando scrissi: "Terra madre cullami, chiudimi gli occhi, fammiaddormentare con una ninna nanna, proteggimi, sdraiati al mio fianco, resta con me, non andartene". Adesso la canzone suona più come una richiesta disperata di neutralità, di essere "senza volto, senza nome, innocente, senza colpa e libero", un desiderio che tutti noi condividiamo per un mondo che avevamo dato per scontato e che ora abbiamo perduto. Improvvisamente, sembra che come nazione non possiamo più nascondere il nostro passato o il nostro presente o il nostro futuro. Per me è la morte della nostalgia e dei sogni."
Ed aggiunge: “Non voglio vivere in una cultura di disperazione. Mi piacerebbe vivere in una cultura di speranza.”
Le note di “The letter”, una delle sue splendide canzoni, mi accarezzano le orecchie…chissà, forse basta una canzone, a volte, per dare un po’ di speranza…