Il bar del ponte
È settembre
È una giornata di fine estate ed io mi trovo sul mare nell’ora più bella, quando pare che il cielo e la terra si uniscano, mentre il sole ancora alto si ferma un istante a rimirare il mare.
Arriva la mamma e si commuove davanti a tanta bellezza.
Guarda davanti a se ed il suo sguardo vede dove io non posso vedere; allora, con voce un po’ tremante, mi narra di quella ragazzina di tanti anni fa, bruna e ribelle, col caschetto di capelli neri e con tanta voglia di vivere, quella ragazzetta di nome Cesarina che per scommessa attraversava a nuoto da un molo all’altro.
Quella ragazzina così vogliosa di vivere che finì poi così presto di vivere.
Allora prendo un foglio e una penna e fisso come meglio posso l’immagine di questa donna che dalla vita avrebbe voluto amore e a cui l’amore mancato ha tolto la gioia di vivere.
La mamma parla e io avverto una gran malinconia, domani non ci sarà chi mi racconterà di che colore era il vestito della festa o che cosa cucinava la nonna per Natale; domani, forse, non mi ricorderò più niente e non potrò che raccogliere le poche briciole della mia memoria per raccontarle in un settembre melanconico a mia figlia già grande.
La Cesarina, quarta figlia di Corrado, è forse quella che più gli assomiglia.
Corrado: figura mitica vestita d’onestà. Bello nella sua luce di fierezza, forte, con l’aria di un nobile abbattuto. Gli amici sono amici nel momento del bisogno; il loro...
E lui, con lo sparato bianco e il completo grigio un po’ consunto, cammina per la strada dritto ed impettito come un re.
Lo vedo alla domenica mattina lungo i viali della passeggiata, il bastoncino di legno che porta come fosse d’oro, il capo bianco e quell’alone intorno che me lo rendono “unico”.
Lascio le amiche e, giovinetta baldanzosa, gli corro incontro con l’orgoglio di mostrarmi agli altri insieme a lui.
Gli poso un bacio su una guancia e lui, con gli occhi umidi e felici, mi presenta all’amico del momento.
È un attimo felice quello.
Un attimo d’estrema complicità; mai noi abbiamo parlato a lungo eppure mai come ora comunichiamo.
S’infila una mano in tasca e furtivamente, con fare da gran signore, con le lunghe dita affusolate, mette tra le mie una moneta. Vorrei gridargli: no, non farlo, tienila per te! è il tuo amore che voglio, quello mi basta…..
Ma lui così mi sta dando amore; e così ringrazio, lo bacio e mi allontano, lasciandolo con il suo bastoncino di legno, il suo vestito della festa e quell’aria fiera e soddisfatta.
Mi sei sempre piaciuto nonno, anche quando con la tua vociona chiamavi la nonna per ordinarle qualcosa, anche quando piccolissima avevo un po’ paura di te per quel tuo atteggiamento così austero. Poi, con gli anni, ho capito che la tua era solo una maschera che nascondeva umanità.
L’ho capito quando ho visto i tuoi amici seduti alla tua mensa; l’ho scoperto quando tu e la nonna avete dato più di quanto potevate e niente avete mai preteso, niente avete mai avuto.
Poveri cari nonni!
di giulia