Favola
La ragazza era seduta di spalle e non perché volesse dimostrarsi maleducata nei confronti delle persone che silenziosamente si aggiravano intorno a lei, ma, piuttosto, per un inconsueto desiderio di estraniarsi dal mondo che la circondava e ritirarsi in una sua dimensione personale, cui nessuno, nemmeno per errore, avrebbe potuto avere accesso.
Le sue ciglia lunghe rendevano ancora più misteriosi i suoi occhi profondi e scuri, in cui i giovani amavano perdersi ed i suoi capelli castani e morbidi incorniciavano un volto giovane e serio, ma estremamente affascinante. Tutto in lei era grazia e bellezza: non un gesto tradiva l’assoluta perfezione dei suoi movimenti e, per quanto la sua presenza a volte risultasse quasi irreale proprio per questi motivi, non smetteva di emanare un potere quasi magnetico su chi la circondava.
Sembrava che le sue parole provenissero da luoghi lontani che nessuno al mondo conosceva tranne lei; il suono della sua voce era dolce e pacato, ma conteneva in aggiunta una nota maliziosa e sofisticata, pur lasciando inalterata la propria purezza d’animo. Era perfetta. E lo era di più perché si comportava come se non lo fosse.
Leggeva in continuazione; e quando non leggeva, amava sostenere di fissare l’infinito in attesa di un giorno migliore. La serenità che propagava era intangibile, ma evidente. Tutti avrebbero voluto averla accanto, sempre. Ma lei era fatta così: andava da chi ne aveva più bisogno,
nei momenti più inattesi e si rammaricava che ci fossero luoghi nei quali non riusciva ad arrivare, perché sapeva che avrebbe potuto fare del bene anche lì.
Ogni giorno per lei era un nuovo giorno, in cui la giustizia aveva un’opportunità per trionfare ed il male le ore contate nell’attesa della sua distruzione. Quando lei arrivava il sole sembrava brillare più forte, la gente alzava gli occhi al cielo lanciando grida di gioia e tutto il mondo pareva realmente migliore per alcuni istanti.
I pochi che non la capivano, che la disprezzavano e che tentavano di sopprimerla vivevano una vita che era lontana dai suoi ideali, dai suoi sogni, dalla sua gioia: loro la chiamavano realtà e l’accusavano di essere solamente una sognatrice, ma lei non era un’ingenua, sapeva bene ciò che faceva e sapeva anche che la vita di quei pochi era triste e gretta, forse destinata ad esserlo per l’eternità e provava dolore per loro, perché non riusciva a fare niente per convincerli a cambiare idea sul proprio conto e a
farli rimanere presso di sé.
Era perfetta ed ammirata, osannata dalle folle e mai stanca di lottare. Era l’amica che tutti avrebbero voluto ed il sogno di molti era di poterla ospitare un po’, ragion per cui numerose persone tentavano di portarne perlomeno il ricordo nel proprio cuore.
Aveva un nome bellissimo, talmente bello che una buona parte degli abitanti del pianeta si era messa d’accordo un giorno per gridarlo insieme.
Si chiamava PACE.
E se conoscete un nome più bello ditelo senza paura: lei si ritirerà se troverà qualcun altro che sappia farci altrettanto felici.