Ti lascio perché ti amo troppo
E’ talmente imbarazzante, inverosimile, raffazzonato questo “Ti lascio perché ti amo troppo” che alla fine fa quasi tenerezza!
La storia del trentenne napoletano Mariano, mollato di punto in bianco dalla sua fidanzata, che conduce un’apatica esistenza sino a quando non incontra una bellissima ragazza brasiliana (la porta in casa facendole credere che si tratti di un Bed&Breakfast) si risolve nel noioso e spento “one man show” (un ossimoro da manuale!)del cabarettista Alessandro Siani (la pellicola gli è stata cucita praticamente addosso) che però non ha la statura, presenza scenica e grinta per imporsi con efficacia sul grande schermo.
Tra caratteri macchiette, sceneggiatura inesistente, gag tristi e povera confezione in digitale (evidentissimi i suoi limiti quando mal governati!), ci si interroga su un triplice dilemma: come c’è capitato Francesco Ranieri Martinotti (sue le regie dei ben riusciti “Abissinia” e “Cresceranno i carciofi a Mimongo") dietro la macchina da presa? Cosa ha spinto un produttore indipendente e “storico” come Mauro Berardi (il suo zampino in film come “Ricomincio da tre”, “Non ci resta che piangere”, “Il Piccolo Diavolo”) a gettarsi in questa impresa? E cosa ha convinto la Mikado (marchio di fabbrica di alta qualità) a distribuire una pellicola del genere? Misteri del mondo della celluloide che speriamo siano di monito a registi, attori, scrittori, produttori e distributori per evitare ulteriori scivoloni soprattutto in un momento in cui il cinema italiano (leggasi i casi recenti di successi come “Il Caimano”, “Il mio miglior nemico”, “Notte prima degli esami”) è riuscito a rinsaldare un’affettuosa e vivace corrispondenza ed intesa con il pubblico delle sale cinematografiche.
Scritto da Calogero Messina