La Terra
“Prima o poi, più o meno, per tutti arriva il momento in cui la famiglia ci reclama”. E Sergio Rubini, attore e regista profondamente legato alla sua terra d’origine – la Puglia - , è il più idoneo e perfetto cantastorie di personaggi e situazioni che nel proprio alveo familiare trovano la loro ragion d’essere e massima espressione.
Anche ne “La Terra” si fa verace, sincero e spontaneo narratore di una “tribù” familiare che solo nel loro “malato” e naturale rapportarsi è capace di trovare nuovi impulsi e situazioni di vita.
Le ingombranti vicissitudini di Giorgio, Professore di Filosofia trapiantato a Milano (Fabrizio Bentivoglio dall’espressività e movenze già risapute), che tornato nella natìa Puglia dovrà vedersela con i suoi tre fratelli ed una proprietà da vendere, sono l’occasione per l’attore/regista/sceneggiatore Rubini di continuare il suo personalissimo viaggio alla ricerca di radici, di “perché”, di un humus che giustifichi il nostro essere su questa “Terra”.
E nonostante un intreccio drammaturgico non sempre coerente e convincente (in altre occasioni la collaborazione con lo scrittore Domenico Starnone è stata più felice e funzionale), una Puglia arcaica e mitologica che a tratti rasenta il paesaggio da cartolina e l’avvallo di interpreti sì generosamente in parte (i fratelli Paolo Briguglia, Massimo Venturiello, Emilio Solfrizzi) ma alcuni nei panni di personaggi “fuori posto” (come la moglie del professore interpretata da una spaesata Claudia Gerini), “La Terra” si lascia comunque apprezzare per la purezza e sincerità di emozioni e sentimenti che animano sottoterra la consanguineità di legami familiari indissolubili.
Così se Rubini regista, film dopo film, affina e personalizza il suo sguardo sulle memorie, esperienze, dolori e gioie di un’umanità in movimento, è come autore che ci sorprende maggiormente per temerarietà e tempismo storico capace com’è di allinearsi a maestri del calibro di un Allen, Costa-Gravas o di un Cronenberg per il senso etico e laico di una giustizia umana libera e assolutoria.
Scritto da Calogero Messina