I colori dei ricordi
Lo conoscevo da anni. L'avevo sempre considerato una brava persona, un uomo simpatico, con una bella famiglia, che aveva cominciato a dipingere per hobby, raggiungendo buoni risultati.
I colori che usava nelle sue tele apparivano però sempre un po' tristi e malinconici, espressione, pensavo io, di un animo tranquillo, ma pensieroso, che riandava di continuo a ricordi lontani ed amati.
Riuscivo ad intravedere qualcosa tra le pennellate vigorose ed i colori scuri, ma non potevo metterla a fuoco. Non capivo perché, anche quando rappresentava una giornata di sole, usasse colori quasi spenti, quando avrebbe potuto fare esplodere la gioia sulla tela con un semplice innalzamento di toni!
Poi, un giorno, andai a visitare il Suo studio: erano anni che non ci mettevo piede e non lo ricordavo quasi per niente.
Fu allora che, tra i libri di Van Gogh, Renoir e Monet, tra i pennelli mezzi logori e le tele sparse qua e là, vidi appeso al muro un piccolo quadro che, invece di confondersi con il resto, sembrava monopolizzare l'attenzione di tutta la stanza ed illuminarla di luce nuova ogni volta che guardavi in quella direzione! Avevo finalmente scoperto l'artista.
Era il ritratto di Sua madre, mi spiegò.
Ma non c'era bisogno di chiarimenti. Tutto era vistosamente evidente: l'amore di un figlio che, ormai cresciuto, non riesce a staccare gli occhi dalla Sua infanzia e ritrae la persona che in essa Gli era più cara. Ogni colore, ogni sfumatura, ogni linea aveva senso in quel quadro e, mai come allora, capii la bellezza e la potenza espressiva della pittura!
Tutto divenne di colpo palese: gli altri quadri che così spesso avevo veduto, non facevano che portare con sè l'assoluta perfezione che in quel dipinto Egli era riuscito a raggiungere e, non potendola riprodurre per intero, si accontentavano di tenersene un pezzettino ciascuno, pezzi sparsi di un rebus che i miei occhi mai scorderanno di aver visto ricomporsi di colpo, in un solo istante.